Per la "regina" del piccante, la 'nduja, bisogna andare a Spilinga, in provincia di Catanzaro.

Il paese sorge su una collina alle falde del monte Poro, in prossimità di Capo Vaticano e Tropea, a 450 metri sul livello del mare.

Il nome del salame 'nduja e etimologicamente legato al salame di trippa francese (andouille), ma portata fin qui forte dagli Spagnoli all'inizio del Seicento.

Per prepararlo si utilizzano le parti non nobili del maiale tagliuzzate col coltello e impastate con peperoncino rosso piccantissimo: ogni chilo di carne 200 gr. di peperoncino. L'impasto viene fatto riposare in madie di legno per qualche giorno, poi viene insaccato nel budello cieco e si lascia affumicare per almeno dieci giorni con essenze resinose e aromatiche. E pronto dopo almeno un anno di stagionatura.

Dice il prof. Corrado Barberis, Presidente dell'Istituto Nazionale di Sociologia rurale: «Il sapore e forte e piccante, si resta dapprima senza fiato, poi gli effetti vasodilatatori del peperoncino faranno sentire il loro effetto sotto forma di una maggiore lucidità mentale e loquacità che si traduce in un'aperta fraterna convivialità capace di travolgere anche i caratteri più scontrosi. Fa allegria, chiama il vino e con esso buon umore. Tradizionalmente viene consumata spalmata sul pane tostato, sugo per spaghetti, sulla pizza, con pasta e fagioli e con le uova al tegamino. La scienza ci rivela che la capsaicina contenuta nel peperoncino rallenta la produzione di batteri intestinali tipo salmonella. In epoche meno aperte della nostra alla prevenzione igienica la 'nduja ha quindi assolto anche ad importanti funzioni profilattiche».

C'e solo da aggiungere che, oltre a Spilinga, si prepara la 'nduja anche a Brattirò, Ziuigri e San Gregorio, tutti Comuni nella zona di Capo Vaticano.

Precisazioni:

Tecnologia di preparazione: le carni di seconda o terza scelta (sottopancia, rifilatura della spalla e della coscia, testa) vengono macinate con macchine tradizionali a mano (per piccole quantità si usa ancora tagliare a mano la carne: è il caso di San Nicola da .rissa, dove questo compito è riservato alle donne), insieme al peperoncino o pepe rosso come viene chiamato sul posto. L'impasto viene ripassato più volte e impastato anche a mano, per fare amalgamare bene gli ingredienti. Viene poi lasciato riposare per diverse ore. Dopo questo tempo una piccola quantità, arrotolata nella carta da pane bagnata, viene messa sotto la cenere per farla cuocere. Si assaggia poi con pane e abbondante vino rosso locale. Se il test è positivo si passa alla fase dell'insaccatura nel budello cieco o orbo dove il prodotto si può conservare per oltre un anno, oppure si insacca nel budello più piccolo, accuratamente lavato in abbondante acqua e succo di limone. In questo caso l'insaccato viene consumato appena dopo un mese.

Composizione: a) Materia prima: carne, di seconda e terza scelta, e grasso di suini allevati sul posto e nutriti secondo le tradizioni locali e cioè con cereali, zucche, barbabietole, scarti di cucina, ghiande, castagne, ecc. L'alimentazione è determinante ai fini della conservazione della 'ncluja: infatti tentativi di produrla con carni di suini allevati con siero di latte sono stati un insuccesso. b) Coadiuvanti tecnologici: peperoncino rosso (250 grammi per chilogrammo di carne) e sale (28-30 grammi per chilogrammo).

Maturazione: quindici-venti giorni in ambiente ventilato e in presenza di fumo e in locali con tetto di tegole.

Periodo di stagionatura: da sei mesi a due anni in ambiente fresco.