Carta d'identità:
nome: Capsicum annuum Linneo
famiglia: solanacee
parenti: tabacco, patata, pomodoro, melanzana, mandragora.
cosa contiene:
cento grammi di peperoncino contengono: sostanze estrattive non
azotate 30%; sostanze azotate 15%; cellulosa 20%; olio fisso 12,5%;
olio essenziale 1,12%; ceneri 5%; capsicina, capsanina, capsantina,
sostanze aromatiche, lecitina, Vitamina C, acido malonico, vitamina
PP, vitamina E, vitamina K2, Vitamina A, sali di potassio, rame,
quercitina, esperidina, erodietina, un colorante carotinoide rosso.
Come si vede una vera e propria miniera di sostanze utili
all'organismo umano.
Di
fondamentale importanza la vitamina C.
Particolare interessante: il peperoncino e il vegetale che ne
contiene di più in assoluto. Cinque volte di più degli agrumi. E non
ci sono paure di eccessi. La vitamina C, solubile in acqua, non
viene accumulata dall'organismo che elimina con le urine le quantità
superflue.
La
vitamina A e essenziale per la "funzione proteica" cioè
l'assimilazione delle proteine. La vitamina E ha funzione protettiva
generale e dei tessuti in particolare. Da non dimenticare infine
l'importanza della lecitina, preziosa per l'elasticità delle arterie
e l'abbassamento del colesterolo nel sangue.
In
questo piccolo frutto sono presenti tutte le principali vitamine.
Quello ungherese, per esempio, e una vera « bomba» di vitamina C.
Tale elevato contenuto ha favorito gli studi del ricercatore
ungherese Szent Gvorgyi sull'acido ascorbico (vitamina C), per cui
nel 1937 gli fu assegnato il premio Nobel.
Per
il grande apporto vitaminico un po' di peperoncino andrebbe sempre
aggiunto alle nostre pietanze, possibilmente a cottura terminate,
così da preservare le vitamine sensibili al calore (termolabili)
come appunto la vitamina C.
1)
Vitamina A: il peperoncino ne è un generoso dispensatore e il suo
uso quotidiano ci mette al riparo da subdole carenze. In una dieta
carnea la vitamina A è indispensabile, perché favorisce il
metabolismo, la fissazione e 1'utilizzo degli amminoacidi delle
proteine.
2)
Vitamina E: questa vitamina svolge nell'organismo una funzione
antitossica. Inoltre, essendo liposolubile, entra facilmente
all'interno della struttura cellulare della pelle, ostacolando quei
fenomeni di ossidazione che la danneggiano e la invecchiano anzi
tempo.
3)
Vitamina C: in tutti i momenti in cui il nostro organismo e più
debole ed esposto abbiamo bisogno di vitamina C per sostenerne
1'attività di difesa tramite i globuli bianchi. L'acido ascorbico
rinforza anche le pareti dei capillari nella circolazione venosa
periferica. Il peperoncino ne è un eccezionale dispensatore: cento
grammi di prodotto secco contengono centoventi milligrammi di
vitamina C.
4)
Vitamina K: e una vitamina definita antiemorragica per 1'azione
coagulante che svolge nel sangue e per un'azione meccanica che
stimola e accelera la cicatrizzazione dei tessuti.
5)
Vitamina PP: nel peperoncino essiccato molte vitamine si
distruggono, ma non la vitamina PP, che ha la caratteristica di
durare nel tempo. Presiede all’elasticità capillare, svolgendo
un’efficace azione di irroramento delle parti periferiche del corpo.
Spezia dei poveri:
Il
peperoncino è un ortaggio. Da sempre però e stato usato come spezia.
In Europa lo ha portato Cristoforo Colombo che i Reali di Spagna
finanziarono convinti che dai suoi viaggi sarebbero arrivati nuove
qualità di spezie, merce rarissima e allora assai richiesta.
Sul
diario di bordo della prima spedizione di Colombo, Bartolomeo de Las
Casas scriveva: "La spezia che essi mangiano e abbondante e più
importante del pepe nero...". Era peperoncino e quelli che lo
mangiavano erano gli indigeni del nuovo mondo. Il destino del
"diavolillo" era già segnato. Proprio come spezia si sarebbe diffuso
e affermato in tutto il mondo. Il successo arrivò ma non ci furono i
risultati economici che si aspettavano. Il peperoncino, facilmente
coltivabile dappertutto, si acclimatò benissimo in Europa. Non fu
più necessario importarlo e il business cadde sul nascere. Cosi
mentre Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra litigavano per
accaparrarsi le "spezie" vere e proprie che crescevano solo nei
paesi di origine, il peperoncino, che attecchisce anche in un vaso
sul davanzale, imbocca una strada tutta sua. Diventa subito la
spezia dei poveri, di tutti quelli che non potevano permettersi le
costosissime spezie orientali. I popoli ricchi, non lo apprezzarono.
Fu bandito dalle tavole aristocratiche e anche moralisti e puritani
lo avversarono considerandolo eccitante e il “suscitatore di insani
desideri". Con la cucina povera invece fu amore a prima vista. Il
peperoncino dava sapore a cibi che non ne avevano, conservava la
carne quando i frigoriferi non c'erano, con le sue proprietà
disinfettanti era di aiuto alle popolazioni dei paesi caldi. Niente
business ma un destino popolare e democratico che in poco tempo
diffonde il peperoncino soprattutto fra le popolazioni povere con
regimi alimentari monotoni e carenti di proteine. Col peperoncino i
Messicani insaporivano le tortillas, gli Africani la manioca, gli
Asiatici il riso. In Italia le regioni meridionali e in speciale
modo la Calabria hanno reso vivace e gradevole la loro cucina
povera, vegetariana, fatta di ingredienti umili e di pochissima
carne. Con la loro fantasia hanno creato autentici gioielli
gastronomici e 1'amore a prima vista e diventato amore eterno. Tanto
che oggi parliamo di "Peperoncino Quality Calabria".
I
volatili, a differenza dei mammiferi, non sono sensibili all'effetto
piccante del peperoncino; questo perché la sua sostanza irritante,
come abbiamo già ripetuto, la capsaicina, agisce su uno speciale
recettore nervoso che gli uccelli non possiedono. Per questo motivo
il peperoncino risulta essere un alimento prediletto dagli uccelli,
in quanto è una ricca fonte di vitamina C e carotene, molto utili
durante la muta del piumaggio. In cambio, i volatili,
contribuiscono alla diffusione dei semi, sia mentre consumano il
peperoncino, sia tramite le feci; infatti questi semi riescono a
passare indenni attraverso l'apparato digerente. Si pensa che questa
particolarità abbia contribuito a rafforzare l'idea della capsaicina
come sostanza protettrice.
Controindicazioni:
dopo
tanto trionfalismo e bene porre un limite alle capacita del
Capsicum, considerandone anche le controindicazioni. Il peperoncino
non e assolutamente adatto per chi soffre di acidità di stomaco
(ipercloridria), proprio perche stimolerebbe la secrezione di acido
cloridrico, già prodotto in eccesso dallo stomaco. Devono andare
cauti con il peperoncino anche gli ulcerosi e tutti quelli che
soffrono di gastroenteriti, anche se in alcuni casi, dopo un
iniziale peggioramento, si e riscontrato un miglioramento. Vale
invece per tutti, sani e ammalati,l'avvertenza che 1'abuso e
1'eccesso possono provocare irritazioni alle mucose
gastrointestinali e infiammazioni renali, che nei casi più gravi
degenerano in lesioni permanenti dei reni. Reazioni secondarie
dell'abuso di peperoncino si manifestano con diarrea e vomito. Si
deve porre molta attenzione anche nell'uso esterno del peperoncino:
sono sufficienti le mani sporche di Capsicum o della sua polvere per
irritare violentemente gli occhi, la bocca, le mucose e le pelli più
delicate. Una quantità eccessiva di peperoncino posta a contatto con
la pelle, provoca scottature, vesciche e ulcerazioni.
Attenzione, dunque: il peperoncino non e da prendere alla leggera; e
effettivamente attivo e forte.
Varietà:
Quanti
peperoncini ci sono? Come si chiamano? Sono queste le domande più
ricorrenti che fanno gli appassionati cultori del "Capsicum". E sono
queste le domande che più di tutte mettono in crisi. Perche dare
risposte e praticamente impossibile. Nessuno mai e riuscito a
classificare tutti i peperoncini che ci sono nel mondo e le specie e
le varietà che conosciamo.
Intanto è già complessa, difficile e incompleta la classificazione
iniziale.
Sono molto diffusi gli incroci fatti dall'uomo e ancora più diffusa
l'impollinazione incrociata per opera degli insetti che per nutrirsi
di nettare si spostano da una varietà all'altra trasportando il
polline e dando vita a nuove tipologie con caratteri morfologici
intermedi e innovativi. A completare la confusione si aggiungono poi
i nomi diversissimi che vengono dati sul posto, spesso nomi di
fantasia oppure nomi legati alle parlate locali. Gli studiosi
comunque concordano nell'individuare le cinque specie maggiormente
usate per la coltivazione. Capsicum annuum. E' la più importante e
la più diffusa. E stata oggetto di grande attenzione da parte
dell'uomo che l'ha utilizzata con selezioni ed incroci. Si chiama
annuum perché è a ciclo annuale. A questa specie appartengono molte
varietà fra le quali il Capsicum abbreviatum, facuminatum, il
fasciculation, il cerasiforme e il bicolor.
Il
Capsicum baccatum è una specie trovata allo stato selvatico nella
zona a ridosso delle Ande. La varietà è apprezzata per la
piccantezza e il sottile bouquet ma stranamente non ha avuto una
larga diffusione. Attualmente è diffusa soprattutto in India e in
Messico ed e in grado di adattarsi molto bene alle condizioni
climatiche del Mediterraneo. Vi appartiene la varietà penduliun.
Anche il Capsicum frutescens ha il suo habitat in India dove cresce
come pianta perenne. Descritta già da Linneo non ha avuto grande
diffusione. Molto simile e il Capsicum chinense. Una specie
originaria della zona dei Caraibi, che può diventare perenne. Vi
appartiene l'habanero unanimemente considerato il peperoncino più
piccante del mondo.
Infine il Capsicum pubescens. Descritto per la prima volta nel 1794
solo dai primi anni ottanta sta avendo un po’ di attenzioni.
Morfologicamente è un po’ diverso dalle altre specie. La pianta è
più bassa e con un portamento cespuglioso. Si caratterizza con un
gran numero di sottospecie tra le quali il Capsicum Eximium, il
Cardenasi, e il travarii. La coltivazione richiede tempi lunghi e i
frutti molto carnosi, si deteriorano velocemente. In ogni caso è la
specie più tollerante al freddo perché la sua zona di origine sono
gli altopiani delle Ande.
CAPSAICINA
Nessun composto meglio della
capsaicina (CPS) esemplifica come i confini tra cibo e farmaci siano
indistinguibili. Con il 25% della popolazione umana che consuma ogni
giorno peperoncini rossi piccanti, è il più importante agente
farmacologico che introduciamo con la nostra dieta. Lo studio del
suo sapore piccante ha dato il via ad una ricerca multidisciplinare
che recentemente ha condotto alla scoperta di recettori vanilloidi
(TRPVs). Questi canali ionici sono coinvolti nella termo- e
chemo-sensazione meccanica ed il loro malfunzionamento è implicato
nell'infiammazione neurogenica ed in alcuni casi anche in altre
condizioni patologiche.
BREVE STORIA DEL CAPSICUM
Il peperoncino è originario delle
Americhe. Gli Aztechi lo chiamavano "chili", nome che viene ancora
utilizzato nell'America Latina, mentre il Vecchio Mondo, dopo la
scoperta dell'America, lo chiamò "pepe rosso", in virtù del sapore
piccante che lo avvicinava al pepe
nero (Piper nigrum). Il Capsicum venne introdotto in Europa e la
prima immagine della pianta venne riportata da Leonard Fuchs un
medico-botanico che la descrisse nel suo erbario nel 1542.
LA CAPSAICINA E I CAPSAICINOIDI
Il nome latino (Capsicum) venne dato
alla pianta dal botanico francese de Tournefort per ragioni non ben
chiare. Il nome latino Capsicum sembra derivi da "capsa", cioè
scatola, per la particolare firma del frutto che ricorda
proprio una scatola con dentro i semi;
oppure dal greco "kapto" che significa mordere, con evidente
riferimento al piccante che “'morde" la lingua quando si mangia.
Il peperoncino piccante, come tutti i
peperoni, appartiene alla famiglia delle Solanacee. Le piante che ne
fanno parte contengono tutte alcaloidi che hanno (chi più chi meno)
effetti particolari sul sistema nervoso dell'uomo. Alcune sono vere
e proprie piante medicinali come la belladonna, lo stramonio, il
giusquiamo, il tabacco. Altre più "normali", come la patata, il
pomodoro, la melanzana fanno parte della nostra alimentazione
quotidiana.
La famiglia delle Solanacee è molto
numerosa. Comprende 85 generi e almeno 2.200 specie. Uno degli 85
generi è il Capsicum al quale appartiene il peperoncino rosso
piccante.
Le proprietà biologiche del
peperoncino sono una scoperta solo per il mondo moderno, visto che
l'uso non culinario di questa spezia era già noto agli Incas, che
usavano bruciare del peperoncino secco per tenere lontano gli
Spagnoli, consapevoli che il fumo rendeva temporaneamente ciechi gli
avversari. D'altro canto, negli Stati Uniti, spray contenenti
capsaicina vengono usati come armi di difesa per la persona. Le
popolazioni native americane usavano tra l'altro preparare delle
gomme contenenti peperoncino da masticare in caso di mal di denti e
questa proprietà anestetica del peperoncino veniva anche usata nel
1800 per un sollievo immediato in caso di mal di denti. Come vedremo
in seguito tutti questi usi popolari sono oggigiorno provati e sono
alla base dell'uso terapeutico della capsaicina.
BIOSINTESI DELLA CAPSAICINA
La capsaicina è un alcaloide o più
precisamente un protoalcaloide, in quanto pur provenendo
biogeneticamente da aminoacidi non incorpora un eterociclo azotato.
La sua biosintesi prevede come precursori la fenilalanina e la
valina. La biosintesi dell'anello aromatico segue la via dei
fenilpropanoidi partendo dalla fenilalanina e arrivando all'acido
ferulico. Questo attraverso un processo di degradazione conduce alla
formazione della vanillina che per transaminazione viene trasformata
in vanillilamina. La biosintesi della porzione grassa deriva,
invece, dalla valina come mostrato nello Schema 2. In questo caso la
biosintesi rientrerebbe nella sintesi degli acidi grassi, in cui
però l'unità starter non sarebbe una comune unità di AcCoA, ma,
appunto, la valina. Le due porzioni verrebbero quindi assemblate a
dare l'amide finale. L'accumulo dei capsaicinoidi è associato
specialmente ad una particolare fase dello sviluppo di un singolo
organo della pianta, il frutto. Mediante osservazioni istologiche e
istochimiche, Otha nel 1962 dedusse che gli organi secretori dei
capsaicinoidi erano localizzati nella placenta e nel setto dei
frutti del Capsicum." Iwai confermò che la placenta è il sito
d'accumulo dei capsaicinoidi nel frutto del peperoncino attraverso
esperimenti con traccianti in vivo." Confrontando l'incorporazione
della DL-[3-14C]-fenilalanina nelle molecole di capsaicinoidi
durante l'incubazione con vari organi isolati di Capsicum annuum,
Iwai e collaboratori osservarono che la radioattività del
capsaicinoide era molto più alta nella placenta e nel pericarpo ad
ogni fase, suggerendo che la biosintesi del capsaicinoide avviene
appunto nella placenta. In ulteriori studi, Suzuki e collaboratori,
esaminarono la struttura cellulare della placenta con un microscopio
e osservarono che alcuni cambiamenti morfologici avvenivano nel
tessuto epidermico della placenta durante la maturazione.
Inoltre sono stati osservati numerosi
granuli di capsaicina elettrondensi alla microscopia elettronica sia
in piccole vescicole che nei vacuoli delle cellule epidermiche della
placenta prima d'essere secreti nel ricettacolo. Queste cellule
sembrano, quindi, essere il sito d'accumulo dei capsaicinoidi. La
localizzazione degli enzimi necessari per la biosintesi dei
capsaicinoidi è anche coerente con la placenta come sito di
biosintesi. Così, un componente (la chetoacil sintasi, I(AS) del
complesso acido grasso sintasi (FAS) è stato recentemente messo in
evidenza nell'epidermide placentare del frutto di peperoncini rossi
mediante immunolocalizzazione. Per determinare la localizzazione
subcellulare dei capsaicinoidi, hanno isolato protoplasti della
placenta dal frutto piccante. Mediante centrifugazione a gradiente
di densità e microscopio elettronico, essi hanno mostrato che i
capsaicinoidi sono localizzati in una frazione del gradiente
corrispondente ai vacuoli. Sono così giunti alla conclusione che i
capsaicinoidi sono localizzati per la maggior parte nelle vescicole
o vacuoli delle cellule epidermiche della placenta. Successivamente,
Zamski e collaboratori, hanno studiato la sintesi e la traslocazione
dei capsaicinoidi nelle cellule capsaicinoidi-secernenti. Essi hanno
osservato che i capsaicinoidi sono sintetizzati all'interno
dell'intimo compartimento del reticolo endoplasmatico, migrano
attraverso tutto il citoplasma in poche vescicole, e si uniscono con
il plasmalemma. La cuticola di queste cellule si stacca dalle pareti
durante questo processo, formando una cavità subcuticolare dove i
capsaicinoidi s'accumulano nella fase di maturazione."
LA CAPSAICINA ED I CAPSAICINOIDI
(2)
La capsaicina è stata per la prima
volta isolata nel 1846, strutturalmente elucidata nel 1919, e per la
prima volta sintetizzata nel 1930. La capsaicina è il prototipo
della classe di composti detti appunto capsaicinoidi. Questi sono
tutti amidi di acidi a C9 o C11 e della vanillilamina. Le maggiori
differenze fra i diversi capsaicinoidi è nella lunghezza della
catena laterale, nella presenza o meno di doppi legami, nel punto di
ramificazione e nella piccantezza. Molti di loro sono pungenti, ma
ci sono anche capsaicinoidi non piccanti, come la
w-idrossicapsaicina. Inoltre è stato trovato un gruppo di sostanze
non piccanti capsaicinoidi-simili, chiamati capsinoidi." I
capsinoidi hanno la stessa catena laterale dei capsaicinoidi, ma la
parte aromatica è derivata dall'alcool vanillico invece che dalla
vanillilamina, sono quindi, degli esteri La sensazione pungente è
causata dall'effetto diretto della capsaicina e dei suoi analoghi
sui recettori del dolore nella bocca e nella gola. Storicamente, la
misura dell'aroma piccante nell'industria alimentare è stata
valutata mediante il test organolettico di Scoville. Questo test usa
un insieme di cinque individui che valutano un campione di
peperoncino e poi indicano il livello del sapore piccante. Un
campione è poi diluito finché il sapore piccante non può più essere
avvertito. Se un composto ha indice di Scoville pari a 50.000,
significa che l'estratto alcolico deve essere diluito di 50.000
volte affinché non si avverta più la sensazione di piccantezza. Con
il rapido progresso della strumentazione analitica, sono stati
sviluppati molti altri metodi per superare il tradizionale metodo
sensoriale e per determinare obiettivamente i capsaicinoidi. La
separazione e la determinazione quantitativa dei capsaicinoidi è
stata raggiunta con differenti metodi, ma le attuali tecniche
preferite sono basate sulla liquida ad alta prestazione (HPLC) o
sulla gas (GC), sola o accoppiata alla spettrometria di massa. Nel
caso dell'analisi per HPLC, la più utilizzata, i frutti del
peperoncino vengono seccati e macinati. Quindi vengono estratti i
capsaicinoidi responsabili del sapore pungente e l'estratto così
ottenuto iniettato per l'analisi. In questo modo non solo si può
calcolare la concentrazione dei capsaicinoidi presenti, ma si può
anche verificare il tipo di capsaicinoidi presenti nella droga. Nel
Capsicum annum il contenuto totale di capsaicinoidi va dallo 0.1
all'1%, e la capsaicina e la deidrocapsaicina sono in genere in
rapporto 1:1. Nel Capsicum frutescens il contenuto totale è dello
0.4-1% ed il rapporto è di 2:1. L'HPLC determina la concentrazione
in ppm di capsicinoide presente nella droga. La correlazione fra i
dati dell'HPLC e l'indice di Scoville viene effettuata moltiplicando
per 15 le ppm determinate.
LA CAPSAICINA NELLA PIANTA
Il significato biologico della
capsaicina nella pianta è stato argomento di discussione per molto
tempo. Recentemente, Tewksbury e Nabhan hanno provato un ruolo
ecologico per la capsaicina. Essi hanno scoperto che i frutti
selvatici dal sapore pungente del Capsicum nel sud Arizona sembrano
essere consumati esclusivamente dagli uccelli. Inoltre, in un
esperimento di laboratorio, mammiferi del luogo, per esempio il topo
del cactus (Peromyscus eremycus), rifiuta di consumare i frutti dal
sapore pungente del Capsicum annuum, preferendo i frutti dal sapore
non pungente derivati dal C. chacoense. E' da notare che i semi del
peperoncino che transitano attraverso l'intestino di alcuni di
questi mammiferi non germogliano, ma nel caso di alcuni uccelli
(Toxostoma curvirostris) non sono stati osservati effetti negativi
sulla germinazione. Questi autori hanno dimostrato anche altri
vantaggi per la salute dalla dispersione dei semi del peperoncino
dagli uccelli. Gli uccelli depositano i semi del peperoncino in
posti appropriati per la germinazione, la crescita, la maturazione
dei frutti e la loro dispersione. In questi posti le piante di
peperoncino sono state protette da diverse specie di arbusto da
frutto anch'essi dispersi anche dagli uccelli. I peperoncini rossi
crescendo sotto tali arbusti subiscono meno danno dagli insetti ai
loro frutti immaturi ed hanno una più efficiente dispersione dei
frutti sani di quelli che crescono in altri posti. Infine, deve
essere notato che gli uccelli non sono sensibili ai capsaicinoidi, a
causa delle caratteristiche dei loro recettori vanilloidi. Tutti
questi fatti chiariscono un ruolo della capsaicina nella dispersione
dei semi del peperoncino, allontanando animali (i mammiferi) che non
sono buoni
disperdenti, ma favorendone altri come
gli uccelli.
Gli uccelli depositano i semi del
peperoncino in posti appropriati per la germinazione, la crescita e
la maturazione dei frutti. Crescono protetti da arbusti nati da semi
dispersi anch'essi dagli uccelli.
CONCLUSIONI
Nonostante le ricerche sulla
capsaicina vadano avanti da oltre un secolo, questa molecola è
tuttora il composto lead più versatile per l'induzione e la
modulazione della bioattività. Questo capsaicinoide ha fornito
l'ispirazione per la scoperta di nuovi potenti agonisti e
antagonisti TRPV1 aprendo la strada allo sviluppo di nuovi composti
mirati a contrastare l'infiammazione neurogenica per
desensitizzazione o antagonismo farmacologico di TRPV1. La
capsaicina non è il solo composto antinfiammatorio di origine
dietetica ritenuto clinicamente valido né il solo agonista TRPV1 che
la cucina piccante ha fornito alla ricerca biomedica. Un'indagine
sul database "Drugs of the Future" ha mostrato altri esempi di lead
dietetici studiati quali agenti antinfiammatori (luteolina,
quercetina, acido salicilico, curcumina) mentre il sesquiterpene
dialdeidico poligodiale, l'alcaloide piperina ed il fenolo prenilato
scutigerale sono esempi d'attivatori TRPV1 non capsaicinoidi
d'origine dietetica. Se le piante alimentari contengono tale
ricchezza di composti biologicamente attivi, allora c'è una seconda
faccia della medaglia riguardante la scarsezza di varietà di piante
nella dieta moderna. La dieta occidentale è basata su poche piante
"civilizzate" riprodotte per rendimento e sapore piuttosto che per
varietà biochimica e ciò ci rende un po' più poveri. Infatti la
nostra dieta viene così farmacologicamente impoverita, essendo
privata di una moltitudine di "quasi vitamine" che la nostra
fisiologia ha evoluto per farci essere quello che siamo. Cibo ricco
di grassi e zuccheri, grandi porzioni e annunci pubblicitari
persuasivi, hanno cambiato la nostra dieta in modo che l'impatto
sulla salute è difficile da studiare attraverso un rigoroso
esperimento scientifico. Il che sarebbe, comunque utile. La
conoscenza delle piante alimentari è rapidamente svanita e le
tradizioni culinarie locali sono rapidamente diventate "esotiche".
Non è necessario viaggiare al tropico per notare una grande perdita
della biodiversità. Sarà sufficiente uno sguardo nel nostro piatto.
Interessante studio dell'università
di Firenze datato 2010 .pdf
il peperoncino fa male alla prostata?
COLTIVAZIONE IN VASO
Molte varietà di peperoncino si prestano bene ad essere coltivate in vaso.
Per avere piante in buona salute, è necessario
fornire loro, periodicamente, un adeguato
concime, liquido o granulare, preferibilmente
per piante da orto.
Altrettanto importante è eseguire un'opportuna
potatura, alla ripresa vegetativa.
La potatura annuale, infatti, assicurerà una
buona vigoria della pianta ed un'elevata
produzione di frutti.
I tagli devono essere effettuati appena al di
sopra dei nodi, utilizzando forbici ben
affilate.
A seconda delle esigenze dalla pianta, si dovrà
scegliere un diverso tipo di intervento:
la potatura leggera
la potatura media
la potatura drastica.
1. La potatura leggera è ideale per piante ben lignificate, di
cui si vuole alzare l'altezza progressivamente.
Si esegue spuntando appena i vari rami (disegno
a).
2. La potatura media è adatta alla maggior parte delle piante.
Favorisce uno sviluppo armonioso ed una buona
vigoria.
Per attuarla, si tagliano i rami lasciando da un
terzo alla metà dell'altezza originaria (disegno
b).
3. La potatura drastica serve, invece,
alle piante molto danneggiate (disseccate o
gelate).
Ha lo scopo di ricostruire la pianta,
stimolandola a sviluppare nuova vegetazione.
Si esegue eliminando tutti i rami danneggiati e
lasciando solo poche gemme al di sotto dei punti
di taglio (disegno c).
Dopo la potatura è bene evitare di innaffiare
per aspersione, per qualche giorno. Infine è
raccomandabile effettuare un trattamento a base
di rame, allo scopo di disinfettare le ferite.
SCALA SCOVILLE:
Il numero di unità di Scoville che indica
l'appartenenza alla scala (SHU) (Scoville
Heat Units) indica la quantità di capsaicina
equivalente contenuta. Molte salse piccanti in
uso sia in
America del Nord che del
Sud indicano la loro piccantezza in unità di
Scoville.
La scala di Scoville prende il nome dal suo
ideatore,
Wilbur Scoville che sviluppò il SOT (Scoville
Organoleptic Test) nel
1912. Questo test originariamente prevedeva
che una soluzione dell'estratto del peperoncino
venisse diluita in
acqua e
zucchero finché il "bruciore" non fosse più
percettibile a un insieme di assaggiatori
(generalmente 5); il grado di diluizione, posto
pari a 16.000.000 per la capsaicina pura, dava
il valore di piccantezza in unità di Scoville.
Il valore 16.000.000 per la capsaicina fu posto
arbitrariamente da Scoville.
Quindi un
peperone dolce, che non contiene capsaicina,
ha un valore zero sulla scala Scoville, a
significare che l'estratto di peperone non è
piccante anche se non diluito. Al contrario uno
dei peperoncini più piccanti, l'Habanero,
fa misurare un valore superiore a 300.000 sulla
scala Scoville: posto 16.000.000 la capsaicina
pura, significa che l'estratto di Habanero ha un
contenuto di capsaicina equivalente di
300.000:16.000.000X100=1,875% in peso.
scala
Scoville 2020:
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